A distanza di due anni c'è la prospettiva necessaria per valutare nel suo insieme la pandemia Covid19, un’evento composto da una miriade di frammenti difficili da spiegare e ordinare in un quadro coeso. La chiave di volta per risolvere il rebus l'ha fornita l'inaspettata comparsa del movimento Freedom Convoy 2022. Nato a inizio anno in Canada per sollecitare la rimozione di tutte le restrizioni Covid, é probabilmente la più efficace protesta per i diritti civili di una generazione. La notevole pressione politica esercitata dai manifestanti sulle istituzioni ha obbligato alcuni degli attori principali della gestione pandemica a gettare la maschera, illuminando così il disegno che spiega in modo plausibile cosa sia davvero successo — e sta tutt’ora succedendo — in questa strana emergenza Sars-Cov-2.
Anomalie e sincronismi inediti
La risposta globale alla pandemia presenta due aspetti inediti. Il primo, il fatto che tutti i paesi, salvo rare eccezioni, hanno adottato le stesse misure, come se stessero seguendo un copione unico. La seconda, il fatto che si sono mossi quasi tutti a passo serrato con l'uso di un'unico linguaggio comunicativo, creando più o meno ovunque la stessa narrazione. Seguire la scienza, due settimane per appiattire la curva, vaccinarsi e mettersi la mascherina per salvare la nonna e il sistema sanitario, l'ivermectina è un antiparassitario equino, i no-vax egoisti da escludere dalla società, tutti memi diffusi a reti unificate su scala planetaria. Quando il problema è lo stesso è plausibile che si arrivi a soluzioni simili, e un organo sovranazionale come l'OMS serve anche per condividere globalmente le soluzioni sanitarie migliori. Ciò nonostante, un tale livello di sincronismo nella risposta emergenziale non si era mai visto prima, ed è singolare che praticamente nessun paese abbia seguito il proprio piano d'intervento pandemico — ad esclusione della Svezia e di alcuni paesi asiatici dov’era ancora viva la memoria delle pandemie SARS e MERS — nonostante ne avessero tutti uno. C'è stata un'inedita omogeneità globale di narrazione e di misure adottate, con il potere decisionale spesso concentrato nelle mani di ristretti comitati scientifici svincolati dal controllo democratico.
Queste risposte sincronizzate hanno prodotto ovunque preoccupanti anomalie in numerosi comparti della società. L'ambito dove sono state più evidenti è quello medico. Dopo i primi mesi in cui i medici hanno fatto i medici — cercando quindi di fronteggiare l'emergenza studiando la malattia e come curarla — alle prime voci di un possibile vaccino il sistema si è irrigidito. In attesa dei vaccini i medici sono diventati meri esecutori di protocolli decisi dalle burocrazie, impossibilitati a esercitare l'arte medica di curare secondo scienza e coscienza. Vietato deviare dai protocolli d'intervento ufficialmente approvati pena il licenziamento e la radiazione dall'ordine. La medicina Covid si è appiattita sulla vaccinazione di massa come unica via d'uscita dalla pandemia — cosa peraltro impossibile con un virus RNA come Sars-Cov-2 — e chiunque sollevasse dubbi in merito veniva censurato o aggredito mediaticamente. Gli interventi di prevenzione e di cura precoce sono stati sminuiti se non addirittura osteggiati, ignorando così, oltre ai fondamentali dell’arte medica, anche il principio basilare della gestione dei rischi di mettere in campo misure articolate e diversificate per fronteggiare un’emergenza ad alto impatto sociale con molte incertezze. La professione è stata calpestata e svilita in un modo che non ha precedenti nella medicina moderna.
Di anomalie ce ne sono molte altre, e qui si fa accenno solo ad alcune delle più rilevanti. I comitati tecnici scientifici sono intervenuti seguendo l'unico criterio di ridurre infezioni e decessi Covid, un approccio spregiudicato chiaramente cieco agli enormi danni collaterali che le misure potevano cagionare all'economia, alla salute mentale pubblica e in generale a tutti quei sistemi critici per il buon funzionamento della società. C'è stata un incomprensibile disinteresse a indagare seriamente sulle origini della pandemia, una reticenza grave visto che capire da dove viene un virus aiuta a valutare come contrastarlo e mitigare il rischio che simili eventi si ripetano in futuro. Che dire invece dell'uso su scala planetaria di misure di contenimento strampalate, invasive e supportate da scarse o inesistenti evidenze scientifiche? Prima della pandemia Covid i lockdown e le quarantene di massa erano considerate misure di contenimento inefficaci se non addirittura controproducenti. Fino al 2020 nella comunità scientifica era un fatto assodato attraverso decenni di studi che le mascherine non potevano ridurre la trasmissione di un virus respiratorio, e infatti non erano mai stati usate allo scopo, a livello di popolazione, in pandemie precedenti. Queste lacunose misure di contenimento fanno parte di un’anomalia pandemica più generale, l’abbandono dell’idea della scienza come strumento di ricerca della verità. Non più un processo razionale, attento, curioso e intellettualmente umile che segue le evidenze ovunque portino, ma dogma religioso piegato a legittimare teorie di comodo. Riguardo a ogni misura, dalla vaccinazione alle mascherine e “tachipirina e vigile attesa”, c’erano solo certezze granitiche basate su evidenze anemiche e illogiche che non ammettevano dubbio o discussione, e da accogliere, da parte del cittadino, con fiducia cieca. “Credere alla Scienza” è un ossimoro, ma pochi sembrano accorgersene.
Nel loro insieme le misure pasticciate, inefficaci e dannose messe in campo per affrontare ovunque la pandemia, unite alle pericolose anomalie prodotte, sono incompatibili con un sincero tentativo di proteggere la salute pubblica e superare il più presto possibile l'emergenza. Troppi conti non tornano, un rompicapo che deve avere per forza una spiegazione diversa.
Freedom Convoy 2022
La mobilitazione dei camionisti canadesi è iniziata verso metà gennaio 2022 con una carovana partita a Vancouver alla volta della capitale Ottawa, una protesta tutt'ora in corso. Nata per contestare l'obbligo vaccinale e le onerose quarantene per camionisti che attraversavano la frontiera, l’iniziativa ha raccolto ben presto un enorme sostegno popolare allargando la protesta alla rimozione di tutte le restrizioni Covid imposte ai cittadini canadesi. Arrivati a Ottawa una parte dei camionisti ha occupato le strade intorno al parlamento canadese, con l’intento di rimanervi fino alla rimozione delle restrizioni.
La reazione all'occupazione da parte del governo — e in particolare del premier Trudeau — è stata da subito rigida e ostile. Nonostante la protesta si sia mantenuta sempre pacifica e disciplinata Trudeau ha demonizzato i manifestanti, rifiutando anche solo di sedersi a un tavolo con loro ad ascoltare e negoziare. Col passare del tempo gli attacchi ai camionisti sono diventati sempre più prepotenti. La polizia di Ottawa ha sequestrato le taniche di benzina per rifornire i camion e la legna da ardere usata dai manifestanti per scaldarsi — in città le temperature scendono fino a -20°C — e il sindaco Watson ha fatto pressione, con successo, sulla piattaforma di crowdfunding GoFundMe per bloccare i quasi 10 milioni di dollari raccolti a sostegno dei camionisti. E' stata avviata una nuova campagna su GiveSendGo che in meno di una settimana ha totalizzato oltre 10 milioni di dollari, e questa volta oltre a congelare i fondi il ministro delle finanze Freeman ha disposto il blocco extragiudiziale dei conti bancari dei camionisti legati alla protesta e la sospensione delle loro licenze e assicurazioni lavorative. Queste sono misure senza precedenti in una democrazia moderna che minano alla base la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, una pericolosa collusione tra stato e enti privati per intimidire e danneggiare finanziariamente persone che stanno esercitando un diritto — quello di contestare il proprio governo — esplicitamente previsto dalla costituzione canadese.
L'intransigenza di Trudeau è diventata una questione politica via via più ingombrante. I governatori di molte regioni canadesi, pungolati sia dalla protesta a Ottawa che dagli sviluppi in molti paesi del nord Europa che stavano tornando alla normalità, hanno iniziato a rimuovere per conto loro restrizioni e obblighi vaccinali. I parlamentari dell’opposizione hanno dato disponibilità a dibattere la questione alla camera e al senato, e la graduale ritirata del virus ha convinto anche i vertici della sanità canadese che i tempi erano maturi per un ritorno alla normalità. Trudeau ha però inasprito ulteriormente il conflitto dichiarando lo stato di emergenza — un’eccezionale misura di guerra nell’ordinamento giuridico canadese — per sopprimere la protesta. Un dispiegamento di forze così sproporzionata alla minaccia ha reso evidente, oltre ogni ragionevole dubbio, che la partita del governo non riguardava la tutela della salute pubblica, ma altro.
Grande Reset e Quarta rivoluzione industriale
Il WEF, concepito nel 1971 su iniziativa di Klaus Schwab, è un'organizzazione internazionale di collaborazione pubblico-privato che si occupa di indirizzare politiche di natura industriale, regionale e globale. E' da decenni che l'organizzazione lavora a una sua visione del futuro, articolata nel Grande Reset, la Quarta Rivoluzione Industriale e La Grande Narrativa, e da altrettanto tempo coltiva un vero e proprio esercito di leader mondiali capaci di realizzarla. Questi Giovani Leader Globali e Dirigenti di Leadership Globale, unito al gruppo dirigente dell’organizzazione, occupano numerose posizioni di vertice politiche, industriali, finanziarie e istituzionali in tutto il mondo.
L’obbiettivo del Grande Reset e della Quarta Rivoluzione Industriale si può esprimere in poche parole come la cinificazione dell'occidente. Un processo di smantellamento della civiltà occidentale come la conosciamo attualmente per ricostruire — Build Back Better — un nuovo ordine basato su sostenibilità, equità e inclusione. Prevede un unico governo mondiale di tecnocrati con un'economia basata principalmente su grandi corporazioni private con forte legame con lo stato, un'unica moneta digitale controllata tramite banca centrale e una società organizzata e gestita attraverso il sistema del credito sociale connesso a pass digitale. Sviluppo sostenibile, DEI, ESG, stakeholder capitalism, internet-of-things, smart cities e auto elettriche a guida autonoma. Sono solo alcuni dei tasselli della griglia di controllo necessaria per realizzare questa visione di futuro del WEF. La Cina di oggi è un prototipo già pienamente funzionante del sistema, e basta indirizzare lo sguardo ad oriente per osservarne le implicazioni pratiche sul funzionamento della società e sulle vite dell’individuo.
E’ importante sottolineare che questa non è un’oscura setta segreta con piani imperscrutabili da ricostruire scartabellando tra fonti secondarie o terziarie complottiste. E’ tutto alla luce del sole — almeno per adesso — e le informazioni sono liberamente reperibili da fonti primarie come il sito web del WEF oppure leggendo le pubblicazioni e i documenti prodotti dall’organizzazione, il tutto corroborato da numerosi interventi pubblici, facilmente reperibili online, dei suoi membri.
Dipanare la matassa
I principali attori della risposta scomposta alla protesta dei camionisti canadesi sono uniti da un filo comune, quello di essere tutti membri del WEF. Il premier Trudeau e numerosi membri del suo governo, il vice-premier e ministro delle finanze Freeman e il sindaco di Ottawa Watson sotto tutti legati all’organizzazione di Schwab. La Freeman, in particolare, ne occupa una posizione di vertice come direttrice. Per disinnescare la protesta bastava rimuovere le restrizioni, e dal punto di vista sanitario i tempi erano maturi per accogliere questa ragionevole richiesta. L’ostinata e totale chiusura del governo anche solo a prenderla in considerazione, incomprensibile nell’ottica di risolvere pacificamente la protesta e tutelare la salute pubblica, diventa invece necessaria e coerente in quella di portare avanti il piano del Grande Reset.
La rimozione degli obblighi vaccinali significherebbe ridurre la diffusione del pass digitale, architrave del sistema del credito sociale, ostacolandone la normalizzazione come strumento essenziale per l’inclusione sociale. Allentare le altre restrizioni ridurrebbe il controllo dello stato sulla vita quotidiana dei cittadini, alleviando anche il diffuso stato di ansia e scoraggiamento nella popolazione che rende le persone più malleabili e propense a seguire misure imposte dalle istituzioni. Entrambi questi elementi — controllo della vita quotidiana e cittadini docili — sono da normalizzare nell’ottica di un sistema basato sul credito sociale. Infine, la durezza sproporzionata e punitiva usata dal governo per soffocare la protesta è dovuta verosimilmente al fatto che la contestazione sta puntando un faro sulle molte incongruenze e bugie usate per tenere in piedi la narrazione ufficiale della pandemia, disvelando a un numero crescente di cittadini canadesi che il virus non è mai stato il problema ma un pretesto per fare altro.
Il tema della risposta pandemica come copertura per portare aventi surrettiziamente i piani del WEF, evidenziato in modo cristallino nella vicenda dei camionisti canadesi, non è un caso isolato. Numerosi premier e ministri della salute occidentali sono legati al WEF, incluso il premier italiano Draghi, così come figure di vertice nei settori di tecnologia, finanza e media. La lista degli affiliati è chilometrica, un vero e proprio esercito planetario che rende plausibile l’ipotesi che gli interventi ovunque simili e sincronizzati per contrastare la pandemia siano la cartina di tornasole di un'operazione coordinata per implementare il Grande Reset in tutto l’occidente. A tale proposito è particolarmente rilevatore il fatto che nessun leader occidentale abbia ad oggi pubblicamente denunciato le gravissime violazioni dei diritti umani attualmente in corso in Canada. Visto che gli abusi contro i camionisti si stanno inasprendo di giorno in giorno e riverberano in tutto il mondo, questo silenzio assomiglia sempre più a complicità.
Durante la pandemia sono successe ovunque in occidente le stesse cose. La paura alimentata ad arte e la promessa di un ritorno alla normalità con una vaccinazione di massa hanno permesso di introdurre il pass digitale, altrimenti indigeribile per una cultura basata su autodeterminazione e diritti individuali inalienabili. L'ossessione di vaccinare ogni essere vivente a ciclo continuo ·— nonostante le alte percentuali di copertura raggiunte, l'obbiettiva inefficacia dei vaccini a interrompere la catena di trasmissione del virus e la loro inutilità sanitaria per le fasce giovanili — ha senso solo come grimaldello per obbligare la popolazione intera all’uso del pass e renderlo il nuovo standard d’identificazione sociale. La demolizione controllata delle piccole imprese e stata affiancata da un rafforzamento delle multinazionali meglio strutturate per reggere gli scossoni dei lockdown e favorite dagli interventi pandemici, semplificando la costruzione di un’economia basata su un forte legame tra stato e poche grandi corporazioni. Misure come distanziamento sociale, lockdown e mascherine hanno normalizzato nei cittadini una diffidenza verso il prossimo e un’ansia di fondo che accentua il loro senso di isolamento — fenomeno ancora più marcato nei bambini — rendendoli più controllabili e ben disposti alla protezione dello stato. Infine, la canonizzazione di vaccinazione e uso delle mascherine come riti d’appartenenza al gruppo dei virtuosi, legittimando al contempo la discriminazione di chi non si allinea perché percepito come minaccia alla salute della collettività, normalizza il principio di forzata esclusione dalla società degli impuri importante per il sistema del credito sociale.
Va sottolineato che per portare avanti questo piano il WEF può contare non solo sui suoi leader globali in posizioni politiche e istituzionali di vertice, ma anche su una fitta rete delle più potenti corporazioni del mondo in tutti i settori della produzione economica e culturale. Legami che possono essere sia diretti tramite affiliazione all'organizzazione, sia indiretti per via di una comunione di interessi. Le persone di questo network siedono nei consigli di amministrazione di una galassia di aziende che spaziano da ospedali, centri di ricerca e ditte farmaceutiche a giornali, social media e case discografiche. Il trio di fondi d'investimento Blackrock, Vanguard e State Street gestiscono decine di trilioni di dollari e sono tra i maggiori azionisti singoli in quasi tutte le aziende americane Fortune 500, esercitando quindi un controllo non indifferente su di esse. Fink, l'amministratore delegato della Blackrock, è nel direttivo del WEF, e sono legali all’organizzazione anche figure di rilievo come Bill Gates e i fondatori di Google, Facebook e Amazon. Nell’insieme è una squadra formidabile con la coesione, la coordinazione e la comunione d'intenti necessari per portare avanti ambiziosi progetti su scala globale.
Il Mondo Nuovo
Un evento complesso come la pandemia Covid sfugge a spiegazioni semplicistiche e monodimensionali. Le variabili, gli interessi e le agende in gioco sono molte, e operano in un’ingarbugliata rete di influenze reciproche impossibili da districare. L’idea di fondo — sfruttare l’opportunità della pandemia per catalizzare la transizione verso un nuovo ordine mondiale altamente centralizzato e basato su un sistema del credito sociale — sembra però un elemento saliente difficile da ignorare, un pezzo importante del puzzle. Mette in risalto temi come moneta e pass digitali, riduzione delle libertà, credito sociale e economie nelle quali vengono compresse le piccole e medie imprese che stanno diventando realtà sotto i nostri occhi. Sono temi ad alto impatto ai quali conviene prestare attenzione visto che ci riguardano tutti da vicino, indipendentemente dall’esistenza o meno di un Grande Reset. Degno di nota anche il fatto che i piani WEF hanno molti elementi in comune con progetti simili delle Nazioni Unite, l’Agenda 21 e Agenda 2030, e che ci sono quindi anche altre forze che tirano nella stessa direzione.
I paesi potranno anche rimuovere le restrizioni Covid e togliere temporaneamente pass e obblighi vaccinali, ma un nuovo e complicato meccanismo è stato messo in moto e la psiche collettiva è probabilmente già stata reimpostata a un nuovo livello. C’è stato uno scatto del cricchetto. L’idea del pass digitale come necessità per accedere alla vita sociale si sta rapidamente consolidando, e abbiamo normalizzato il rito della vaccinazione come simbolo d’appartenenza al gruppo dei socialmente virtuosi. E’ stata resa accettabile la discriminazione degli impuri, coloro che rifiutano mascherine e vaccini, evocando così il demone del “Noi” e “Loro” che è il primo passo di un percorso che troppo spesso nella storia è sfociato nel genocidio. Le ondate di allentamenti e inasprimenti delle restrizioni che ci saranno verosimilmente in futuro potrebbero consolidare per gradi molti altri elementi di questo piano per un nuovo ordine mondiale.
Era chiaro già prima della pandemia che il modo in cui stiamo governando il nostro villaggio globale è inadatto a fronteggiare la complessità dei problemi da risolvere, che dobbiamo trovare strumenti più adatti alle sfide del ventunesimo secolo. Potrebbe anche essere che i progetti portati avanti da WEF e dalle Nazioni Unite contengano delle proposte adatte a costruire le soluzioni che cerchiamo. La Cina, prototipo del paradigma che propongono, ha aumentato enormemente la prosperità dei suoi cittadini, ed è forse il paese che sta reagendo meglio di tutti alle difficili sfide del nuovo secolo. Inoltre, si diffonde anche in occidente l’idea che possa essere auspicabile una riduzione delle libertà individuali in cambio della maggiore sicurezza offerta da una società più controllata e regolamentata da parte dello stato. Dobbiamo però pensare molto attentamente a quello che stiamo facendo e al potenziale caos che stiamo lasciando passivamente entrare nel mondo. C’è il rischio concreto di cadere accidentalmente e distrattamente, come sonnambuli, in un nuovo ordine mondiale — miscela del distopico “1984” e il meccanicamente asettico “Il mondo nuovo” — che è radicalmente diverso da quello attuale e dal quale non ci sono poi vie di ritorno.